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I NOMI E COGNOMI DEGLI ITALIANI E LA LORO STORIA

Tutti i nomi e cognomi in ordine alfabetico e relative informazioni: ( Le pagine sono in lavorazione, tuttavia se desiderate sapere anticipatamente informazioni sul cognome desiderato, potrete richederlo inviando una E-mail a: cognomi@gmail.com )
Cognomi italiani con relative informazioni: a - b- c - d - e - f - g - h - i - j - k - l - m - n - o - p - q - r - s - t - u - v - w - x - y - z

In tempi antichi, quando la popolazione era scarsa e non censita era presente solo il nome, il quale spesso derivava dalla natura, da animali, regioni geografiche, territori, da mestieri, o preso dalla regione di provenienza. Un primo ordine lo troveremo al tempo dell'Antica Roma, dove si usava avere tre nomi, ovvero "tria nomina": il nome individuale "preanomen", seguito dal nome "nomen" e dalla famiglia di appartenenza detta "gens" e cioè il "cognomen", e in caso di omonimia si aggiungeva un quarto nome, detto "agmomen". A volte anche di più tra gli altolocati che si aggiungevano una moltitudine di nomi a proprio piacimento.
Attorno al V° secolo, con la caduta dell'Impero Romano, l'avvento del Cristianesimo e con l'arrivo di numerose genti diverse con nomi nuovi la scelta si amplia, si diffonde l'uso di semplificare le cose ritornando così ad avere un solo nome, il quale diventa unico e personale facendo riferimento alle caratteristiche della persona, alle sue capacità o altro comunque personalizzato, non copiato ne ereditato: signa o supernomia. Un nuovo cambiamento si avrà dopo l'anno mille; la popolazione aumenta e così l'omonimia, sorge così nuovamente l'esigenza di appaiare al proprio nome personale, quello del paese di appartenenza o quello paterno. L'uso del secondo nome si diffonde in tutta Europa divenendo sistema di uso comune e resistendo fino ai tempi di oggi.
Nel 1564 con il Concilio di Trento si stabiliscono delle regole, secondo le quali il secondo nome, ovvero il futuro cognome deve essere ereditario d'obbligo, il compito di registrare le nascite e catalogare così le famiglie di appartenenza generazione per generazione toccherà ai parroci dei comuni al momento del battesimo. Nello stesso tempo con la fine del feudalesimo, i comuni seguiranno a catalogare e così censire in modo capillare, parallelamente alla Chiesa, tutta la popolazione.
Il sistema del cognome ereditario con il tempo porterà alla scomparsa di molti cognomi, questo fenomeno già si riscontra in paesi o villaggi che sono stati a lungo isolati dove la varietà dei cognomi si riduce drasticamente. Un classico esempio è ciò che è avvenuto in Cina, dove a differenza del mondo occidentale l'uso del cognome ereditario da un solo genitore è in uso da millenni, con la conseguenza che milioni di persone portano tutti lo stesso cognome, ma è ancora presto per noi occidentali ovviare a questo problema.
Oltre al fenomeno dell'isolamento, un altra causa di una massiccia scomparsa di cognomi di origine meridionale è avvenuta a partire dagli anni 1870 fino ai primi del novecento, quando si assistette ad una vera e propria "evaporazione" sul territorio del sud di molti cognomi, dovuta ad una massiccia emigrazione verso i paesi americani in seguito alla nota "Questione Meridionale". Un esempio classico è il cognome "Mastropolo" (da Fossalto, Campobasso), che come quest'ultimo sono presenti attualmente solo negli USA o in sud America.
Da notare che nel nostro Paese ogni singolo cognome è presente in diverse regioni, quasi sempre sparso in modo omogeneo indipendentemente dal meridione o settentrione, nord o sud, est o ovest, segno evidente di grande mescolamento nel corso degli ultimi secoli; infatti storicamente è noto che nel periodo precedente alla nascita ufficiale dell'"Italia Unita" c'era una relativa forte immigrazione di genti del nord verso il ricco Regno delle due Sicilie, e una inversione di tendenza a partire dal 1870 circa fino ai tempi di oggi di genti del sud verso un nord industrializzato.

La storia dei cognomi ci racconta i flussi migratori degli italiani lungo la penisola nel corso dei secoli. E non mancano le sorprese. Secondo un recente studio di un team di ricercatori italo-francese, pubblicato sulla rivista americana “Human Biology”, infatti le regioni che sono state più oggetto di immigrazione da parte delle altre aree d'Italia, sono il Lazio, la Toscana e la Liguria, soprattutto provenienti dal Mezzogiorno. Nonostante gli attuali abitanti di aree particolarmente fiere delle proprie tradizioni. “In questi territori solo il 28 per cento degli abitanti risulta originario dello stesso luogo, segno del loro ruolo di passaggio, di corridoio di forti flussi migratori” afferma il gruppo di ricercatori, che comprende Alessio Boattini dell’Istituto di biologia dell’Università di Bologna e Gianna Zei dell’Istituto di genetica molecolare di Pavia, coordinati da Franz Manni del Muséum national d’Histoire naturelle di Parigi. Le popolazioni realmente più autoctone sono, invece, Bolzano, Cagliari e Trento, interessate solo attorno al 20 per cento da fenomeni d’immigrazione ed emigrazione.

Il Sud d’Italia, come era facile immaginare, è la principale area di emigrazione. Ancora adesso l’alto tasso di disoccupazione e il peggior tenore di vita spingono ancora tanti giovani a lasciare il proprio paese di origine per migliorare la propria esistenza. Da questo punto di vista il primato di provincia maggiormente abbandonata è Lecce. E spesso si cercano nelle grandi città del Nord e del Centro della penisola le possibilità di un'esistenza migliore, trend usuale ormai secolare. Nella speciale classifica dello studio italo-francese, in testa ci sono Roma, Milano e Torino. Ma non sempre tutto è come sembra. Lascia, infatti, abbastanza sorpresi scoprire che, nonostante tutto, le metropoli italiane sono tra le città che nel tempo hanno maggiormente conservato un nucleo stabile di cognomi. Evidentemente la più ricca offerta di opportunità lavorative limitano l'emigrazione.

Percentuale di individuei i cui cognomi non sono originari della provincia in cui abitanoLa mappa, che divide la penisola in quattro grandi aree, designa uno spaccato molto variegato del nostro Paese. Se, infatti, l’andamento generale è abbastanza definito sull’asse Sud-Nord, non mancano zone fortemente indigene anche nel Meridione. L’estremità meridionale e occidentale della Sicilia ad esempio, alcune aree della Calabria e della Puglia, hanno una popolazione autoctona che sfiora l’80 per cento. Lo studio italo-francese è la risultante di un interessante mix tra genetica e antropologia. Punti di partenza sono i tratti linguistici comuni agli abitanti di un determinato territorio, la genealogia e la struttura di popolazioni antiche. Il tutto è stato analizzato alla luce del Dna del cromosoma Y, che si trasmette esclusivamente in linea maschile, e degli elenchi telefonici della popolazione italiana nel 1993. Si è arrivati, così, a prendere in considerazione 77.000 cognomi diversi, corrispondenti a circa 17 milioni e 500mila individui. Al termine di calcoli di complessi modelli matematici la ricerca ha ricostruito l’origine geografica di 50mila cognomi. Risalendo agli antenati maschi della metà del 1500, quando, come stabilito dal Concilio di Trento, divenne obbligatorio per ogni parrocchia la registrazione delle nascite. Confrontando i dati riferiti a Medioevo e Rinascimento con l’attuale distribuzione della popolazione in Italia è stato l’ultimo passaggio. La corrispondenza si è verificata con percentuali variabili tra il 23% e il 78% . “A testimonianza del fatto – affermano i ricercatori – che le identità regionali corrispondono raramente con quelle autoctone”.
La situazione è in continua evoluzione. I flussi migratori, in concomitanza della crisi economica, stanno assumendo forme e modalità talvolta diverse dal passato. E i cognomi potranno essere sempre di più un modo per studiare il fenomeno. Basti pensare che già nel 2012, secondo dati recenti, fra i primi trenta cognomi di Milano ben quattro sono stranieri. Così dopo il classico Rossi, stabile al primo posto, compare l’asiatico Hu. I cinesi, presenti altre due volte nella top ten meneghina, hanno relegato al nono posto della classifica i Brambilla, un antico casato di tradizione lombarda.

Il prossimo futuro dell’Italia, specialmente di quella settentrionale, procede sempre di più verso la direzione di una naturale integrazione sociale. Se, infatti, il nostro Paese è stato soprattutto terra d’emigrazione esterna ed interna fino a gran parte del secolo scorso, negli ultimi 20 anni il trend si è invertito. L’immigrazione ha sempre più peso. Secondo i dati Istat più recenti, relativi al 1º gennaio 2011, sono presenti in Italia 4.570.317 stranieri, pari al 7,5% della popolazione totale. E il Belpaese è ormai al IV° posto in Europa per numero di stranieri, dopo la Germania, Spagna e Regno Unito. Il Nord-ovest e il Nord-est attirano più del 60% delle comunità extra-nazionali, con in testa rumeni, albanesi, marocchini, cinesi ed ucraini. Ma i dati del 2010 riportano segnali di cambiamento. L’incremento della popolazione straniera è stato più consistente nel Mezzogiorno che nel Centro-Nord. E le province che hanno fatto segnare le maggiori differenze percentuali rispetto al 2009 sono, non a caso, Taranto (+33,3%), Nuoro (+17,4%), Caltanissetta (+16,3%) e Cosenza (+15,7%).

Gli italiani, però, sono sempre un popolo pronto a spostarsi alla ricerca di miglior fortuna. Lo dimostrano i quattro milioni di nostri emigrati residenti all’estero e gli ottanta milioni di oriundi italiani sparsi per la terra. Ma soprattutto non lascia spazi a dubbi la ripresa dell’emigrazione interna. Se fino agli anni ’60, gli spostamenti erano di giovani che dalle campagne si spostavano verso le città per motivi di studio o di giovani meridionali con basso titolo di studio che emigravano verso le città industriali del Nord-ovest e del Triveneto, oggi le cose sono cambiate. Come nota, infatti, lo Svimez (Istituto Sviluppo Mezzogiorno) ad attrarre i ragazzi meridionali sono la Lombardia orientale, il Veneto, l’Emilia-Romagna, la Toscana e l’Umbria. Tra quelli che lasciano la propria città del Mezzogiorno ci sono sempre più laureati. Un esercito di ben 60mila persone solo nel 2012, dove più di mille sono andati all’estero. Se non sarà arrestata la cosiddetta "fuga dei cervelli" sempre più cognomi italiani prenderanno la strada dei paesi europei o degli USA, Brasile, Cina e Australia.